I metodi di indagine indiretta sono molteplici e la scelta di uno o più di questi metodi non può prescindere dalle caratteristiche geologiche e idrogeologiche del sito e, chiaramente, dal risultato che ci si prefigge di raggiungere. I vantaggi apportati dall’utilizzo di questi metodi sono numerosi, essi infatti forniscono una valutazione rapida \citep{Di_Maio_2018} e a minor costo rispetto i metodi diretti, prevedono metodologie di indagini e strumentazione (Figura 1) tali da rendere la valutazione non invasiva, consentono l’ottenimento di una caratterizzazione spaziale e tridimensionale del sottosuolo e del fenomeno di contaminazione, consentono di ridurre al minimo il numero di analisi da effettuare soprattutto se eseguiti preliminarmente alle indagini dirette in quanto consentono di individuare i punti specifici per i successivi campionamenti; tuttavia essi presentano importanti svantaggi legati in parte all’impossibilità di ottenere una stima quantitativa delle concentrazioni di contaminante e in parte alle difficoltà di applicabilità dei singoli metodi che è possibile riscontrare caso per caso a seconda delle caratteristiche del sottosuolo e del contaminante da rilevare. Per questo motivo l’iter applicativo prevede, nella maggior parte dei casi, una combinazione di più metodi geofisici e di questi ultimi con indagini dirette. In tal senso, nello studio di \citep{Shao_2019} sono stati utilizzati metodi geoelettrici e GPR per definire la distribuzione di pennacchi di contaminazione in un sito di smaltimento di idrocarburi abbandonato. In particolare, le variazioni di resistività derivanti dalle indagini geoelettriche hanno consentito di ottenere risultati più dettagliati che hanno permesso di delineare le aree contaminate e di individuare i punti per il successivo campionamento del suolo. Un altro esempio di applicazione di indagini geofisiche lo ritroviamo nello studio condotto da \citealp{Wu_2020}, nel quale le tomografie elettriche sono state utilizzate per valutare l’evoluzione di sedimenti contenenti un gran numero di bolle di metano durante un processo di bonifica. Tali metodi infatti si rivelano particolarmente adatti a tale scopo in quanto è stato dimostrato che la resistività dei sedimenti contenenti gas aumenta notevolmente rispetto a quella dei sedimenti senza gas \citep{Wang_2014,Jana_2017}. Preliminarmente alla bonifica sono stati applicati metodi sismici per individuare l’area in oggetto e al termine della stessa sono state effettuate le tomografie elettriche. Il confronto dei risultati geofisici ha consentito di valutare le variazioni orizzontali e verticali del sedimento contenente bolle di metano. Le indagini indirette hanno, poi, trovato impiego, in alcuni casi, quali azioni di monitoraggio. Questo è il caso dello studio di \citealp{Saneiyan_2018} in cui in particolare sono state sperimentate la polarizzazione spettrale indotta e la misurazione della velocità delle onde di taglio come metodi di monitoraggio durante un processo di stabilizzazione del suolo mediante precipitazione microbica di carbonato (MICP); così come \citealp{Morita_2020} che all’interno del loro studio hanno monitorato, in un arco di 22 anni, l’evoluzione del pennacchio di contaminazione in un deposito di rifiuti dismesso, nonché i processi di trasporto e attenuazione dei contaminanti, attraverso indagini geoelettriche e indagini dirette. I valori costanti in termini di resistività misurati nonché le elevate concentrazioni di metalli rilevate attraverso campioni effettuati fino a 200 m di distanza dal deposito, hanno dimostrato che l’attenuazione naturale non è in grado di riabilitare i siti vicini alla zona di smaltimento dei rifiuti. Va detto che nell’ambito della bonifica dei siti contaminati, sicuramente un ruolo importante va attribuito alle numerose discariche incontrollate distribuite in tutto il mondo che secondo quanto riportato da \citealp{Cossu_2003} sono tra le principali cause di contaminazione delle acque sotterranee e del sottosuolo. \citealp{Di_Maio_2018} ad esempio, nel loro studio hanno proposto una combinazione di prospezione elettromagnetica nel dominio della frequenza e del tempo, resistività elettrica e polarizzazione indotta, rifrazione sismica e tomografia per ottenere una modellazione 3D dettagliata di una vecchia discarica e ridurre notevolmente gli errori specifici riconosciuti a ciascun metodo. In un altro studio la resistività elettrica a corrente continua e l’indagine elettromagnetica nel dominio della frequenza sono state utilizzate per valutare il grado di contaminazione derivante dallo scarico indiscriminato di effluenti del trattamento della manioca in una discarica in Nigeria e si sono rivelati particolarmente efficienti nell’analisi della diffusione della contaminazione \citep{Osinowo_2020}. Al fine di approfondire lo studio delle indagini geofisiche nel paragrafo successivo ci concentreremo sull'analisi delle indagini geoelettriche e vedremo come queste sono state applicate in un caso studio di una discarica, rientrante nell’elenco dei siti potenzialmente inquinati.  

Un caso applicativo

Il caso studio presentato è relativo al piano di caratterizzazione di un ex discarica comunale in cui si utilizza una combinazione di indagini dirette e indirette.  La discarica copre un'area di 5500 m2 ed è posta ad un'altezza di circa 440 m s.l.m.  Per quanto riguarda le indagini condotte sul sito sono stati effettuati sondaggi a carotaggio continuo, analisi chimico-fisiche sui campioni di suolo e acqua, e 4 tomografie elettriche ed è su queste ultime in particolare che ci si concentrerà in questo elaborato. Le indagini geoelettriche si basano su misure di resistività e consistono nell’utilizzo di elettrodi. In particolare due di questi elettrodi avranno il compito di immettere corrente elettrica nel terreno, gli altri due di misurare la differenza di potenziale da cui ricavare i valori di resistività. Si tratta di indagini particolarmente sensibili in quanto la resistività costituisce un parametro fortemente variabile in relazione a svariati aspetti, e per questo si rivelano idonee in caso di terreni non particolarmente disturbati o accidentati che renderebbero l'interpretazione ulteriormente difficoltosa. Altri due importanti limiti di questo metodo sono gli ampi spazi richiesti, soprattutto se si intende effettuare investigazioni profonde, e la tipologia di terreno che non dovrà essere eccessivamente secca o comunque ghiaiosa evitando così di incorrere in difficoltà di accoppiamento tra elettrodi e terreno. Dal punto di vista pratico, al fine di automatizzare le misure, si procede, solitamente, distribuendo lungo un profilo un certo numero di elettrodi posti ad uguale distanza l’uno dall’altro e collegati tramite cavi elettrici ad una centralina che ne gestisce l’attivazione. In questo modo si otterranno valori di resistività apparente a differenti profondità e ubicazioni lungo il profilo stesso. La configurazione elettrodica scelta in questo caso studio è quella dipolo-dipolo (Figura 2) con distanza interelettrodica di 4,50 m nel primo stendimento e di 1 m negli altri tre. Le differenti distanze tra gli elettrodi sono state scelte al fine di raggiungere diverse profondità di investigazione infatti quando tale distanza aumenta, la profondità di investigazione nel sottosuolo cresce comportando però una perdita di dettaglio; gli stendimenti realizzati attraversano in direzione longitudinale e trasversale l’intera discarica.