Biosparging: tecnologia e applicazione
Il biosparging è una tecnologia di bioremediation in situ che utilizza microorganismi autoctoni per biodegradare i componenti organici nella zona satura \cite{Azubuike_2016}. Essa consiste nell’iniezione di aria (o ossigeno) e sostanze nutritive, se necessarie, per aumentare l'attività biologica dei microrganismi presenti e favorire la biodegradazione di alcuni contaminanti. Il biosparging è particolarmente adatto a ridurre concentrazioni di componenti del petrolio disciolti nelle acque sotterranee, nelle frange capillari e adsorbite al terreno al di sotto della falda acquifera \cite{Kao_2008}, \cite{Machackova_2012}, \cite{Khudur_2015}. Inoltre, in particolari condizioni, esso è efficace anche per la rimozione di sostanze probabilmente cancerogene come NDMA \cite{Hatzinger_2019} e Diossano 1,4 \cite{Lippincott_2015}. Per la zona parzialmente satura, si adotta un processo analogo che prende il nome di bioventing \cite{SUI_2011}, \cite{H_hener_2014}, \cite{Thom__2014}. Il processo di biosparging è simile all’airsparging: entrambi prevedono l’iniezione d’aria nel terreno, tuttavia, l'airsparging rimuove i componenti favorendone la volatilizzazione, il biosparging ne promuove la biodegradazione. In presenza di componenti volatili, il biosparging è spesso combinato con il Soil Vapor Extraction, SVE, che, attraverso una serie di pozzi di estrazione, genera una pressione negativa nella zona parzialmente satura e li elimina.
Il biosparging è spesso utilizzato in siti contaminati da prodotti del petrolio con peso molecolare medio (ad es. gasolio, carburante per jet); invece per i prodotti petroliferi più leggeri (ad es. benzina), che tendono ad essere rimossi più velocemente per volatilizzazione, si applica l'airsparging. Per i prodotti più pesanti (ad es. Oli lubrificanti) i tempi di biodegradazione sono maggiori, quindi bisogna fare adeguate considerazioni in funzione degli obiettivi e dei costi di bonifica.
Il caso studio presentato riscontrata la contaminazione di 364 m2 della matrice suolo e sottosuolo e di 634 m2 della falda a causa della rottura di una tubazione di adduzione di gasolio. Le concentrazioni sono risultate pari a 496 mg/kg di idrocarburi leggeri, 12024 mg/kg di idrocarburi pesanti e 671000 μg/l di idrocarburi totali. Definiti gli obiettivi della bonifica, si è preferito il biosparging all'airsparging, in quanto risulta essere particolarmente vantaggioso poché utilizza attrezzature di semplice installazione, prevede bassi tempi di trattamento (da 6 a 24 mesi), costi competitivi, è eco-friendly ed essendo una tecnologia in situ, crea minimo disturbo. Inoltre, a differenza dell’airsparging, ha un campo maggiore di applicabilità e utilizza un minore flusso d’aria, con conseguenti minori costi di trattamento dei vapori esausti.
Affinché il processo di biosparging sia efficace, bisogna effettuare diverse considerazioni. In una fase di screening iniziale è necessario valutare la permeabilità del suolo e la biodegradabilità dei contaminanti. I costituenti del petrolio sono generalmente biodegradabili in presenza di un adeguato rifornimento di ossigeno, invece maggiore attenzione deve essere posta per l’analisi della stratificazione del suolo. La presenza di materiali a grana fine e l’eterogeneità dei terreni causano un decremento dell’efficienza del processo poiché ostacolano il flusso di aria. D’altro canto, la permeabilità può anche essere ridotta a causa della presenza di ferro, che precipita quando ossidato dall’ossigeno immesso. È poi fondamentale valutare il tasso di crescita batterica che è funzione della temperatura e del pH e cambia a seconda del tipo di microorganismi presenti nel suolo. A tale proposito, risulta fondamentale prelevare campioni e fare analisi di laboratorio, tenendo conto che la popolazione minima necessaria affinché ci sia biodegradazione, è di 103 UFC/g. Nel caso non fosse disponibile, potrebbero essere introdotte colture microbiche ed anche nutrienti per favorire il processo e la crescita cellulare. Nel caso in esame, per migliorare l’efficienza di trattamento sono stati aggiunti microorganismi bioattivatori naturali e specifici (conformi alla Classe 1 E.F.B. e all'Allegato 3 alla parte IV del D.lgs 152/2006) biofissati a supporti minerali (sali di dolomia e mordenite) per aumentare i tempi di contatto \cite{Verma_2016}.