Trattamento avanzato delle acque reflue tramite elettro-bioreattori a membrane vive incapsulate: applicazione a scala pilota
Abstract
La depurazione delle acque reflue rappresenta una delle principali esigenze per la tutela dell'ambiente e della salute dell'uomo. L'attenzione del legislatore, del mondo tecnico e delle imprese è sempre più rivolta alle possibilità di riutilizzare le acque depurate tramite tecnologie sostenibili per l’ambiente e per l’uomo.
I bioreattori a membrane (MBR) rappresentano una soluzione tecnologica del futuro in quanto consentono il raggiungimento di elevati rendimenti depurativi tali da permettere il riutilizzo delle acque trattate. La principale novità di questa tecnologia, consiste nell’uso di uno o più moduli di membrana a ultrafiltrazione o microfiltrazione capaci di separare da un fluido sostanze contenute in forma sospesa o disciolta sotto l’azione di una forza motrice. L’attraversamento della membrana comporta un meccanismo di filtrazione con la produzione di permeato di elevata qualità e un concentrato che si accumula all’interno del reattore stesso, e da cui viene allontanato periodicamente.
Tuttavia, la realizzazione di impianti a scala reale dei bioreattori a membrane è ostacolata da diversi problemi tra cui quello principale riguardante la formazione del fouling ossia lo sporcamento della membrana, principale responsabile degli elevati costi causati dalla necessità di pulire e/o sostituire le membrane.
Negli ultimi anni la ricerca scientifica ha proposto nuove soluzioni, atte a mitigare il fouling di membrana, tra queste l’applicazione di processi elettrochimici, come elettrocoagulazione, elettrosmosi ed elettroforesi, combinati ai bioreattori a membrane (eMBR). Tali meccanismi migliorano la rimozione degli inquinanti e regolano la mobilità e la deposizione di agenti contaminanti sulla superficie della membrana.
Tale soluzione rappresenta un approccio tecnologico promettente con ottime prospettive nella mitigazione del fouling e nell’incremento delle efficienze di depurazione del sistema.
Solo di recente l’attenzione è stata rivolta verso l’utilizzo di membrane dinamiche autoformanti, in sostituzione delle tradizionali membrane, che consentono una riduzione considerevole in termini di investimento e dei costi operativi associati al processo, un facile controllo del fouling, un alto flusso di permeato, un basso fabbisogno di energia ed un’elevata capacità di trattamento.
La formazione della membrana dinamica avviene per mezzo di sostanze presenti nella miscela liquida che durante la filtrazione si depositano sulla superficie di supporto, costituita da materiali a basso costo, come ad esempio dacron o nylon con elevate porosità, incrementando le capacità depurative del sistema quando la membrana dinamica raggiunge la sua completa formazione. Di contro però l’efficienza del sistema dipende dalle proprietà dei fanghi quali viscosità e idrofobicità e dalla velocità di areazione che causano un aumento dell’incrostazione della membrana e a seconda del materiale di supporto utilizzato si ha che la pulizia potrebbe essere accompagnata da una temporanea perdita di qualità dell’effluente.
L’attività di tirocinio, svolta presso il Laboratorio di Ingegneria Sanitaria Ambientale (SEED) dell’Università degli Studi di Salerno e presso l’impianto di depurazione di Battipaglia (Sa) in località Tavernola e gestito dall’ Asis Spa., si è concentrata sull’analisi delle efficienze depurative di un elettro bioreattore a membrane a scala pilota operante con refluo reale che utilizza per la fase di filtrazione una membrana dinamica autoformante.
Sono stati analizzati i meccanismi di formazione della membrana dinamica autoformante, le efficienze di rimozione dei contaminanti, l’andamento dei precursori del fouling, l’andamento della pressione di transmembrana nel tempo e la concentrazione dei solidi nella miscela areata, al fine di valutare la fattibilità tecnica ed economica per l’applicazione a scala reale dell’innovativo sistema proposto.