I bioreattori a membrana (MBR) uniscono nella stessa unità sia il processo biologico che la filtrazione su membrana in sostituzione dei sedimentatori secondari. Gli MBR presentano vari vantaggi rispetto all’impianto convenzionale a fanghi attivi tra cui minor ingombro, migliore qualità dell’effluente e minor produzioni di fanghi. Non mancano, però, degli svantaggi: il primo è rappresentato dai costi elevati dovuti ai consumi energetici e al costo delle membrane, il secondo, ma non meno importante è legato alla formazione del fouling, ossia dello sporcamento delle stesse, che ne riduce il flusso, limitando così l’efficienza del processo. Negli anni sono state studiate diverse tecnologie per porre rimedio a questi svantaggi. L’introduzione delle membrane dinamiche auto-formanti (SFDM) ha permesso di contrastare il problema del costo delle membrane, poiché il loro funzionamento è basato sulla deposizione delle particelle di fango su un modulo di supporto con porosità elevata e realizzato con materiali economici. Lo svantaggio principale di questa tecnologia risiede nella necessità di un tempo iniziale per la completa formazione della membrana dinamica, il quale varia a seconda delle caratteristiche del refluo o delle condizioni operative in cui avviene il processo. Altra soluzione proposta dalla letteratura scientifica per contrastare il problema dello sporcamento della membrana è quella di accoppiare i processi elettrochimici con gli MBR, tale soluzione non solo riduce il fouling di membrana ma aumenta le performance depurative del sistema.